Tristezza e depressione: quali differenze?

Secondo la definizione del DSM-V il disturbo depressivo maggiore, conosciuto più comunemente come depressione, è un disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi come: profonda tristezza, calo della spinta vitale, perdita di interesse verso le normali attività, pensieri negativi e pessimistici. È un disturbo che coinvolge sia la sfera affettiva che quella cognitiva. Il paziente depresso infatti permane in uno stato di profonda tristezza, disperazione e apatia per tutto il giorno, con continui rimuginazioni, cali dell’attenzione e pensieri negativi su di sè, sul proprio futuro e il contesto sociale che lo circonda.

Spesso usiamo in modo improprio il termine depressione, diciamo agli amici, ai genitori o al partner che ci sentiamo così, nonostante i sintomi non siano da “manuale”.

Quanto di questo è vero? Quanto bisogna preoccuparsi?

Sicuramente in alcuni casi è un campanello di allarme che non va sottovalutato, ci sentiamo dire che siamo pigri e dobbiamo darci da fare, che è solo un momento e che passerà se ci impegniamo e pensiamo ad altre cose.

Ma a volte non è così facile: la mancanza di comprensione da parte degli altri ci rende tutto più complesso e ci fa cadere in un baratro dal quale poi è difficile uscire e che a questo punto possiamo in alcuni casi definire “depressione” nel significato clinico del termine.

Altre volte invece esageriamo quello che proviamo, è una sorta di malinconia, di tristezza, che però non arriva ad avere conseguenze così significative sulla nostra vita.

È importante quindi cercare di captare le differenze e fare chiarezza tra i due stati, capire di quale dei due si tratta e se c’è una causa.

Per tentare di risolvere questo dubbio è importante saper riflettere su se stessi e cercare di comprendere esattamente quello che si prova, imparando a conoscersi, a riconoscere le emozioni che si sperimentano.

Chi presenta i sintomi della depressione mostra frequenti ed intensi stati di insoddisfazione e tristezza, tendendo a non provare piacere nelle comuni attività quotidiane. Le persone che soffrono di depressione vivono in una condizione di costante malumore e con pensieri negativi e pessimisti circa sé stessi, gli altri ed il proprio futuro.

Possiamo affermare che la depressione coinvolge, oltre alla sfera emotiva, anche quella del corpo, influenzando i comportamenti e manifestandosi anche con sintomi fisici. Per questo motivo è importante non tralasciare o sottovalutare nessuno di questi aspetti.

Beck e Alford (2009) sostengono che ci sono molte componenti della depressione diverse dalla sola deviazione dell’umore. Secondo la loro esperienza e i loro studi è anche possibile che nessuna anomalia dell’umore sia presente nel paziente. I due autori, oltre al tono dell’umore, propongono altri importanti elementi che caratterizzano il disturbo:

  • Un concetto di sé negativo associato a rimproveri e auto-colpa;
  • Desideri regressivi e auto-punitivi: desideri di fuggire, nascondersi o morire;
  • Cambiamenti vegetativi: anoressia, insonnia, perdita di libido;
  • Cambiamento nel livello di attività: ritardo o agitazione.

In generale, sentirsi depressi significa vedere il mondo attraverso degli occhiali con le lenti scure: tutto sembra più opaco e difficile da affrontare, anche alzarsi dal letto al mattino o fare una doccia. Molte persone depresse hanno la sensazione che gli altri non possano comprendere il proprio stato d’animo e che siano inutilmente ottimisti.

Ph: Tania Signorile

Quale relazione fra rabbia e depressione?

La depressione può svilupparsi indipendentemente dal sentimento della rabbia e spesso nasce da situazioni di perdita e di abbandono. È possibile però che le manifestazioni di rabbia si innestino in modo perverso sulla depressione, dando luogo ai casi più severi e tenaci. Questo può succedere, ad esempio, quando la rabbia si presenta come rabbia verso sè stessi.

La rabbia diretta verso se stessi potrebbe essere all’origine di un fenomeno riscontrato di frequente nella sindrome depressiva: la svalutazione del sé. Questo punto di vista era già presente nel famoso scritto di Freud del 1917, Lutto e Melanconia. Lutto e melanconia erano i termini impiegati da Freud per descrivere degli stati mentali che al giorno d’oggi chiameremmo depressivi. Nella visione di Freud la melanconia rappresentava una forma più grave di lutto ed era contraddistinta da una forma di aggressività verso il sé che si aggiungeva al mancato interesse verso il mondo (la mancanza di interesse verso il mondo è a tutt’oggi considerato un tratto caratteristico della depressione), provocando così un calo dell’autostima.

Ricerche recenti suggeriscono che oltre il 50% dei pazienti con depressione maggiore fa esperienza di irritabilità e rabbia manifeste. La distinzione fra irritabilità, sentimento della rabbia e crisi di rabbia disegna una sorta di scala di intensità emotiva delle manifestazioni della rabbia.

La rabbia può provocare un peggioramento del tono affettivo; nel corso dell’arrabbiatura si può provare una forma di soddisfazione o di liberazione, in particolare nel momento in cui si da sfogo al proprio sentimento. Nel suo complesso però l’esperienza della rabbia è spiacevole, e le persone sempre arrabbiate non sono felici. Le manifestazioni della rabbia spostano l’equilibrio delle nostre atmosfere emotive verso il lato negativo: quando ci si arrabbia si crea una sorta di stato di emergenza e si concentrano le risorse sul problema immediato da risolvere, e questo accade a scapito della sensibilità per tutto il resto della situazione in cui ci troviamo. Metaforicamente parlando è come se la rabbia ci impedisse di goderci i paesaggi che attraversiamo nel corso delle nostre giornate. Questo concetto fa riflettere molto se pensiamo che la natura più intima della depressione sta nell’incapacità di provare piacere per le cose che ci accadono e per le attività che compiamo.

Perchè chiedere aiuto?

Un aiuto psicologico non è consigliato solo se parliamo di depressione in senso clinico. A volte anche in uno stato di tristezza avere un professionista che ci ascolta, ci fa sentire compresi e ci sostiene può essere un modo per stare meglio in un tempo più breve.

A partire da tutti i presupposti precedentemente descritti si rivela opportuno per accrescere la consapevolezza del proprio stato emotivo, osservandone le manifestazioni fisiologiche, riconoscendone i motivi scatenanti, ricollegando la propria esperienza a quella visibile nelle altre persone, nonchè sviluppando un vocabolario appropriato per descrivere le dinamiche e i risvolti dei sentimenti provati, come quello della rabbia.

Si rende importante anche il miglioramento della capacità di comunicare in modo adeguato le proprie esigenze ed i propri bisogni.

Non bisogna vergognarsi se non si è felici nonostante possa sembrare che possediamo tutto quello che abbiamo desiderato nella vita, come ad esempio una famiglia, degli amici, la salute, un lavoro, nessuna preoccupazione emotiva e così via: a volte la causa di questo malessere va cercata altrove.

In alcune circostanze è difficile individuare la causa di questa tristezza di fondo e ci si domanda: “ma come è possibile?” “cosa mi manca?” “non ho motivi, perchè allora mi sento così?”.

Abbiamo il diritto di sentire queste emozioni, l’importante è riuscire a comprendere che cos’è che ci fa sentire in questo modo, se sia semplicemente un momento passeggero oppure qualcosa di più profondo, come poter affrontare queste difficoltà e come poterle affrontare per raggiungere una maggiore serenità.

Quando si soffre di depressione non bisognerebbe colpevolizzarsi, ma cercare un modo per cambiare la situazione attuale. Uscire con gli amici, fare attività fisica, evitare di prendere decisioni importanti, dormire un numero di ore adeguate, porsi dei piccoli obiettivi che possano essere attuabili, ma soprattutto parlare con un medico che possa orientare verso la giusta direzione.

Come accade spesso, anche nel caso della depressione, più la terapia è precoce più è efficace.

Beck, A. T., & Alford, B. A. (2009). Depression: Causes and treatment (2nd ed.). University of Pennsylvania Press.

Freud S. (1917) Lutto e melanconia in The Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud, Vol.14,ed. J. Stratchey, trans(London: Hogarth), 237–260.

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